Rap or Crap? Avete ancora qualcosa da dire?
"Era
meglio prima" cantava J-Ax nella
sua omonima canzone.
Ma quando diciamo "prima"
a cosa facciamo riferimento? In genere pensiamo a quando il rap nacque come
denuncia contro le ingiustizie sociali. Tuttavia siamo sicuri che quello che
oggi definiamo "rap" sia proprio lo stesso genere musicale nato nella
problematica America degli anni '70?
In quegli anni infatti la drammatica
situazione di molti ragazzi dei ghetti (per lo più afroamericani) e quella di
molti detenuti dei maggiori penitenziari, portò, spinta da un forte sentimento
di sfogo, alla creazione di questa nuova forma d'arte. Ne conseguì
soprattutto la composizione di significativi
brani di denuncia sociale su una base musicale ricca di suoni fortemente
ritmati. Conseguentemente la relazione tra testo e ritmo risultava inscindibile,
tant'è vero che il nome stesso del genere "Rap" -acronimo di
"Rhythm and phrases"- spiega questo legame.
In Italia questo genere approdò fra
gli anni '80 e '90 ed ebbe subito fortuna
grazie ad esponenti del calibro di Neffa, Banda Bassotti e Bassi
Maestro, appartenenti a quella che oggi possiamo definire la "Old
School". Prerogativa fondamentale di questi artisti era quella di suscitare
maggiore interesse in campo politico-sociale.
Tuttavia, con il passare degli anni,
questo genere musicale ha subito varie modifiche e manipolazioni che lo hanno
avvicinato alla sfera consumistica della società moderna, facendogli perdere
quello spirito di denuncia che lo caratterizzava intimamente. In questa nuova
concezione troviamo artisti che, facendo leva sulla componente musicale, creano
brani di grande tendenza ma dai contenuti alquanto superficiali e diseducativi.
Di fatto questi testi affrontano temi che suscitano l'interesse fra i più
giovani ma non offrono spunti critici o riflessivi, preferendo la banalità
espressiva alla ricchezza dei contenuti. Per citarne qualcuno tra i più
celebri, troviamo Emis Killa, Dargen D'amico e Rocco Hunt, artisti noti tanto
per la loro grande popolarità quanto per la vanità dei loro testi.
Bisogna però ricordare che in Italia
il rap ha avuto migliore sorte con artisti che hanno preferito la sostanza dei
contenuti al mero profitto. Importanti in questo caso sono le produzioni
artistiche di rapper quali Caparezza, Nesli e Murubutu. Infatti esaminando le
opere di questi cantanti troviamo un forte interesse per argomenti di carattere
socio-politico (Caparezza e Nesli) e talvolta persino storico-letterario (Murubutu). Questi artisti non sempre trovano grande
diffusione commerciale ma, al fine di non perdere il loro spessore tematico,
sacrificano la possibilità di ottenere una maggiore popolarità.
Non sono stati dello stesso avviso
altri rapper che, dopo aver esordito nello scenario musicale italiano con album
di grande rilievo, hanno adattato la propria immagine alle esigenze del
marketing, al fine di ottenere un maggiore guadagno. In questa categoria
troviamo Fabri Fibra, Club Dogo e Salmo che pur avendo iniziato brillantemente
la loro carriera si sono venduti alle grandi case discografiche.
Analizzando queste considerazioni ci
si accorge che la grande popolarità, tra i giovani, degli artisti così detti
"commerciali" deriva dalla futilità della loro musica. Come mai i
ragazzi delle nuove generazioni preferiscono riempirsi le orecchie di
illusioni, non accorgendosi di quanto queste siano vane? Forse perché
preferiscono un motivo di svago a una riflessione impegnativa. Tutto ciò ha
portato ad una sorta di degrado ideologico che vede protagonisti i nuovi
giovani, i quali piuttosto che sviluppare un proprio pensiero critico tendono
ad assimilare tutti le stesse mode, omologandosi.
Quindi
Fedez esagera quando nel suo ultimo singolo, non a caso intitolato "Generazione
Bho", li definisce "Generazione televoto coi cervelli
sottovuoto"?
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